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Mimmo Rotella

Mimmo Rotella nasce a Catanzaro il 7 ottobre 1918. Dopo la maturità artistica, si trasferisce a Roma nel 1945, dove respira l’aria avanguardistica del Gruppo forma 1, guidato tra gli altri da artisti come Carla Accardi, Ugo Attardi e Achille Perilli. E’ sin da subito molto attratto dall’astrattismo, dal quale mutua le forme geometriche di Mondrian e Kandinskij.

Dopo aver esposto a Parigi nel 1950, Mimmo Rotella partecipa nel ’51 a Roma alla mostra “Arte astratta e concreta in Italia”. Un mese dopo, inaugura la sua prima personale alla galleria Chiurazzi. Sempre nel 1951 è vincitore di una borsa di studio, grazie alla quale si reca negli Stati Uniti dove ha modo di farsi conoscere per alcuni lavori che vedono protagonisti murales e una sua grande passione agli antipodi di questi: la poesia. Quello statunitense è un periodo nel quale acquisisce crescente consapevolezza nei confronti della sua arte.

Tornato a Roma, scopre la potenza del manifesto pubblicitario; questa intuizione lo consacrerà al grande pubblico. Comincia così a prelevare dei manifesti dalle strade romane e, attraverso la tecnica del décollage crea le sue prime opere.

Gli anni ’60 sono unanimemente riconosciuti come l’epoca della sua più florida produzione di décollages e readymade creati con pezzi di stoffa, tappi di bottiglia, corde, ceste di vimini. Proprio all’inizio del decennio crea le sue opere più famose, utilizzando manifesti che ritraggono personaggi importanti come Liz Taylor, Marlon Brando, Marilyn Monroe. La sua ascesa diventa anche internazionale, grazie alle esposizioni a Buenos Aires e New York tra il 1961 e il 1962. Nel 1964 è alla Biennale di Venezia, prima di trasferirsi a Parigi per proseguire la produzione di report fotografici nel 1965.

Negli anni della maturità Rotella spazia sempre più tra le varie tecniche artistiche, continuando sia con i readymade, sia con la produzione multimediale e musicale. Vive un’esistenza ricca di lavoro, viaggi ed esposizioni. Nel 2000 dà vita alla Fondazione Mimmo Rotella, con una doppia sede a Milano e Catanzaro. In quest’ultima sono conservate le opere dell’artista. Istituisce inoltre il Premio Mimmo Rotella, ormai divenuto un riconoscimento artistico internazionale di grande prestigio.

Mimmo Rotella muore nel 2006 a Milano, all’età di 88 anni, dedicandosi all’arte fino agli ultimi giorni della propria straordinaria esistenza.

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Maurizio Galimberti

Maurizio Galimberti nasce a Como nel 1956. Trasferitosi a Milano, si accosta al mondo della fotografia verso la fine degli anni ’70. Dopo aver utilizzato per alcuni anni la fotocamera ad obiettivo rotante sposta la sua attenzione in maniera definitiva sulla Polaroid, avviando qualche anno più tardi una fruttuosa collaborazione con la stessa casa produttrice per la quale diventa un testimonial di prestigio.

Trala fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 reinventa la tecnica del “Mosaico Fotografico” che inizialmente adatta ai ritratti. Il primo esperimento risale al 1989 quando ritrae suo figlio Giorgio. Seguiranno i ritratti di i ritratti di molti esponenti del mondo del cinema, dell’arte e della cultura. La popolarità e il successo con cui vengono accolte queste rappresentazioni di volti lo portano a partecipare come ritrattista ufficiale al Festival del Cinema di Venezia.

Nel 1999 viene indicato dalla rivista italiana “CLASS” come primo fotografo-ritrattista italiano all’interno delle classifiche di merito stilate dal mensile. Nel 2003 il suo ritratto di Johnny Depp, realizzato in occasione dell’edizione del Festival del Cinema di Venezia, viene scelto come immagine per la copertina del mese di settembre di Times Magazine.

Molto presto il mosaico diventa la tecnica per ritrarre anche paesaggi, architetture e città. La peculiarità di Galimberti risiede nell’equilibrio che riesce a trovare tra la ricerca del particolare nei singoli scatti e l’armonia della composizione di cui fanno parte; tentativo riuscitissimo di trasmettere le stesse sensazioni attraverso l’insieme, ma anche attraverso frammenti di esso.

Tra il 1997 e il 1999 realizza due importanti lavori per le città di Parigi e Lisbona, da qui comincia la riflessione sull’importanza di saper raccontare la storia, la musica, il vissuto di un luogo attraverso le immagini.

Nel 2006 è a New York, città che diviene ben presto nuova fonte di ispirazione per l’artista, che la elegge a rappresentazione ideale del mondo contemporaneo. Alla Grande Mela dedica un imponente lavoro nel 2010 realizzando un corpus di Polaroid singole e mosaici. A New York seguono lavori monografici su Berlino, Venezia e Napoli.

La continua ricerca di nuove tecniche, soggetti e ambiti di applicazione, porta ad un crescente interesse da parte degli operatori di svariati ambiti e ad una inevitabile esplosione di progetti di vario tipo. Fiat, A.C. Milan, Kerakoll Design, Illy Caffè, sono solo alcune delle collaborazioni che lo vedono protagonista all’inizio del nuovo millennio.

Maurizio Galimberti è ormai una celebrità nel mondo della fotografia. I numerosi volumi e i riconoscimenti che gli vengono conferiti, nonchè le monografie in suo onore ne celebrano la capacità di fare dello “scatto” il mezzo per creare arte. Nel corso della sua carriera hanno scritto per lui critici e personaggi della cultura contemporanea, come: Nicola Piovani, Davide Oldani, Michele De Lucchi, Dario Fo e molti altri ancora. Tiene regolarmente workshop e Lectio Magistralis di fotografia.

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Bruno Landi

Bruno Landi nasce a Roma nel 1941. La prima persona ad influenzarlo in maniera importante è lo zio scultore Enrico Tadolini, del cui studio è assiduo frequentatore in età giovanile, la passione per le arti visive lo induce ad abbandonare gli studi classici per iscriversi all’Accademia di Belle Arti. Sono gli anni ’50 e gli ateliers di via Margutta rappresentano una delle espressioni più nitide del vivace clima culturale romano di quel periodo.

Dopo il diploma si trasferisce per alcuni anni a Parigi dove accoglie e fa propri gli esiti creativi dell’avanguardia europea dei decenni precedenti, orientandosi essenzialmente verso Cubismo e Astrattismo.

Nel 1965, tornato a Roma, partecipa alla Biennale d’Arte della Capitale. Seppur ancora di giovane età, da quel momento Bruno Landi intraprende una strada pittorica più profonda e personale che lo conduce ad un solido linguaggio compositivo, cui si accompagna una forte ascendenza cubista, comunque rielaborata e ricca di peculiarità, in cui viene esaltata una sapiente scelta cromatica. Landi tra modernità e tradizione, fa della figura umana il centro della propria ispirazione.

Ricerca le radici della nostra cultura e dell’attualità nel cubismo, nel futurismo, in Modigliani, Fazzini e Mastroianni, radici che affiorano nelle sue opere come suggestioni immerse in atmosfere rarefatte e romantiche. La falce lunare che solca il cielo notturno o il disco infuocato del sole sono fonti luminose costanti che determinano le gamme cromatiche delle sue opere. Il sentimento che colpisce l’osservatore è spesso la nostalgia di un tempo passato trasmessa dagli sguardi intensi e magnetici delle sue dame, o da quell’unico virile corpus che creano in battaglia cavalli e cavalieri.

Dagli anni ‘70 espone in importanti manifestazioni italiane ed estere come le mostre a Los Angeles (1971), Parigi (1983) e New York (1985). Nella chiesa della Trinità a Philadelphia è esposto un suo Volto di Cristo.

L’ultima personale italiana che ha raccolto le opere di un decennio è stata ospitata nel Museo Nazionale di Villa Pisani a Strà nel 2007; ma la sua attività è tutt’oggi viva e molto fertile.

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Antonio Sciacca

Antonio Sciacca nasce a Catania il 13 maggio 1957, dove consegue i titoli accademici. Già prima del termine degli studi ha modo di esporre a livello internazionale a Glasgow. Si laurea con una tesi su Francis Bacon, che intervista personalmente a Londra. Conosce anche Alberto Burri esprimerà sin da subito giudizi positivi sul suo potenziale.

Nel 1983 il critico d’arte Pierre Restany si reca a Catania, manifestando forte interesse per il lavoro dell’artista; tanto da dedicargli una pubblicazione intitolata “Fantasmi Familiari”. A Sciacca si dedica anche Alberico Sala, critico d’arte del Corriere della Sera. Negli anni ‘90 fonda a Bologna il “Metropolismo”, un movimento pittorico-culturale che affronta tematiche sociali attuali, quali il consumismo e gli status symbol. In questo movimento Antonio Sciacca viene coinvolto un gruppo di artisti internazionali che espongono le proprie opere a Roma allo Spazio Flaminio, con testi critici e presenze di Renato Minore, Omar Calabrese, Alberto Abruzzese e Valerio Dehò.

Fra le numerose esposizioni del Metropolismo, particolarmente significativa quella di Madrid (Istituto Italiano di Cultura) del 1995, e quella di Roma (Museo del Risorgimento – Vittoriano) del 2000, con la presentazione di Achille Bonito Oliva, grande sostenitore del Movimento. Altro storico dell’arte che segue l’artista commentando alcune sue mostre personali è Vittorio Sgarbi.

Antonio Sciacca ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Catania e attualmente è docente di Pittura all’Accademia d’Arte e Restauro Nike di Catania.

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Marcello Scuffi

Marcello Scuffi nasce a Tizzana (Pistoia) nel 1948; dopo studi seminaristici diventa artista autodidatta dall’inizio degli anni ’70, nei suoi lavori traspare una mano immutata nel corso dei decenni. A cambiare sono semmai la luminosità delle sue opere, dai colori più accesi in età giovanile. Dai grandi Maestri del Novecento italiano come Casorati, Morandi e Carrà mutua il linguaggio artistico, discostandosi tuttavia per uno stile privo di inutili orpelli.

I primi anni di carriera sono quelli di un giovane che pur di poter dipingere ed inseguire i propri sogni e aspirazioni fa qualsiasi mestiere: impiegato, tessitore, tappezziere. Nonostante qualche battuta d’arresto e le difficoltà iniziali nel poter vivere soltanto della propria arte, Marcello Scuffi non si demoralizza, continuando instancabilmente a dipingere.

Le sue opere esprimono una pittura senza tempo, erede delle più alte espressioni del Novecento. Osservandone un olio, un acquerello o un affresco, lo spettatore è invitato a spiare un mondo visto da Carrà, forse anche da Giotto o da Piero della Francesca. Tutto ciò che è illuminato dalla luce appare liscio, geometrico, definito; così come traspare un alone di mistero dietro le quinte e le ombre all’interno delle quali non ci è permesso indagare.

Grazie anche ai suoi soggiorni all’estero, in particolare a Bruxelles, Marcello Scuffi è artista apprezzato anche in Europa. Critici e studiosi di varie nazioni si sono interessati alla sua pittura.

Attualmente vive e lavora nella sua Pistoia.

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Franz Borghese

Franz Borghese nasce a Roma il 21 gennaio del 1941. Incomincia a dipingere durante gli anni di liceo artistico in via di Ripetta, dove tra gli altri insegna Giulio Turcato. Nel 1964 fonda il Gruppo “Il Ferro di Cavallo”. La sua prima personale risale al 1968, durante la quale espone una grande opera dedicata alla morte di Luther King. A partire dal 1970, si affacciano nella sua pittura satira e sarcasmo: i toni scuri e profondi degli inizi vengono abbandonati per lasciare spazio ai primi personaggi che indossano abiti e adottano gesti degli anni Dieci del Novecento. Un nuovo linguaggio che evoca certamente più di un parallelo con George Grosz, Otto Dix, Mino Maccari e Heinrich Hoerle. Risalgono a poco dopo i primi studi e disegni raffiguranti militari e militarismo. Borghese è profondamente colpito da Bosch e Brughel, ai quali dedica alcune opere, ma anche da Jaques Callot, dal quale trae spunto per alcune originali soluzioni prospettiche. Tra i contemporanei apprezza sicuramente Longanesi e Maccari. Negli anni ’70 Borghese conosce Salvatore Fiume, con il quale dipinge a quattro mani nel 1975, La condanna di Cristo.

Tra i principali temi nell’opera di Franz Borghese ricordiamo, oltre a quelli sopra citati, le coppie di coniugi, gli scacchi e varie sfaccettature della borghesia di inizio secolo. A partire dagli anni ’70 si dedica inoltre con un discreto impegno alla scultura.

Negli anni ’80 è ormai un artista conosciuto e apprezzato dal grande pubblico. Di quel periodo sono numerose le grafiche, anch’esse molto ambite dai collezionisti. La passione per il periodo storico di Napoleone, lo porta a dedicargli un lavoro nel 1990. Degli anni Novanta è il quadro di grandi dimensioni “L’atelier del pittore”; ispirandosi alle ricerche di Cesare Lombroso, dà vita ai due cicli pittorici dedicati allo studio della figura umana. Ancora di questi anni sono i primi studi per il ciclo Le macchine volanti. Nel 1992 a Palazzo Braschi a Roma, viene presentata una mostra di tecniche miste su faesite e di disegni dal titolo “Invenzioni e scoperte, ritratti immaginari e altro”.

Del 1997 è la cartella di litografie “Storie e misfatti del Governo Vecchio” e le acqueforti della serie “Tutti gli uomini del piano regolatore”. Nel dicembre 2005, poco tempo dopo la sua ultima mostra presso il Refettorio Quattrocentesco di Palazzo Venezia, Franz Borghese muore a Roma nel suo studio di via della Seggiola.